Ricerca, sperimentazione e cambiamento guidano la pittura di Luca Vitturini (Trento, 1967), figlio e nipote d’arte, che ha trasformato un’eredità importante in un linguaggio personale. Geometrie, le sue, che nascono non da un progetto, ma da un continuo bisogno di sperimentare: l’artista, lontano da schemi rigidi, accoglie l’imprevisto come impulso creativo. L’astrazione diventa dunque percorso visivo ed emotivo che, attraverso l’utilizzo di materiali inusuali, come sabbia di mare, limatura di ferro, fogli di metallo, costruisce superfici di vitale bellezza. Inoltre, la luce, “mezzo di trasporto del colore”, struttura lo spazio con contrasti e riflessi che amplificano la dimensione poetica dell’immagine. Così ogni opera è vissuta come “un punto di incontro per i ricordi come il caleidoscopio della memoria e della fantasia”. L’equilibrio, dunque, non è mai statico: geometrie improbabili si contrappongono alla materia tattile generando una vibrante armonia. “Trovo molto interessante -sono parole dell’artista- tradurre in pittura la contraddizione, la precarietà, la fragilità, cementate poi da una materia che ricorda e rimanda ad una ristrutturazione interiore”.

In un’epoca satura di stereotipi, Luca Vitturini afferma l’inesauribile forza della libertà intesa come pensiero individuale all’interno del quale convivono inquietudine e metamorfosi.